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Ucraina e commodities. Cosa li lega?

21/03/2022

Da settimane è ormai inevitabile osservare quello che accade nei mercati finanziari senza perdere di vista il conflitto e le sue conseguenze sulle piazze finanziarie. Mentre la guerra tra Russia e Ucraina si intensifica, i mercati globali delle materie prime stanno attraversando il più grande sconvolgimento dall’embargo petrolifero del 1973. Ma questa volta la crisi energetica è più acuta in Europa, che dipende più pesantemente dalle esportazioni russe. E lo shock non si limita ad una sola materia prima. È uno shock per ogni singola materia prima: cereali, petrolio, gas, metalli, palladio, titanio e neon e la lista può continuare. Non abbiamo mai visto niente di simile prima d’ora. Esiste una grande differenza con il 1973 è che allora ci fu un boicottaggio del venditore. Questa volta si tratta di un boicottaggio da parte dei compratori.

A prescindere dalla guerra vera e propria, assistiamo anche ad una guerra economica, nel senso che c’è un disallineamento tra la Russia e l’Occidente, i cui drammatici effetti non sono ancora iniziati. Abbiamo cominciato a vivere i primi boicottaggi, ma andando avanti nel tempo il processo sarà molto doloroso e il nuovo equilibrio difficile da raggiungere.

La Russia è il secondo più grande produttore di materie prime al mondo (dietro gli Stati Uniti) e le ripercussioni della sua invasione sembrano aver cambiato le catene di approvvigionamento globale.

Il decoupling sta iniziando ad avere un impatto anche sui mercati delle materie prime. C’è stato un forte calo dei prezzi in molti mercati emergenti e degli asset legati alla Russia, lasciando gli investitori costretti ad assecondare le grandi richieste di copertura dei margini che per finanziarle, devono prendere profitto sulle uniche posizioni in nero: le materie prime. Questo ha portato ad un chiaro segno di de-risking non collegato ai fondamentali. Queste prese di profitto non fanno che aumentare la volatilità ora presente nei mercati delle materie prime.

Ma ciò a cui stiamo assistendo cosa comporta le principali materie prime?

Cominciamo con il gas. Non abbiamo visto molte interruzioni nelle forniture fino a questo momento.

Dato che passa lungo i gasdotti dalla Russia all’Europa e non sulle navi, non prevediamo ancora un’interruzione. Ma il mercato sta prezzando che esista il 75% di possibilità che ciò accada. Se effettivamente accadesse, i quasi sicuramente assisteremmo ad un raddoppio dei prezzi rispetto alle valutazioni attuali.

Passando al petrolio, le navi vengono tuttora caricate, ma non partono dai porti e probabilmente saranno reindirizzate verso nuove destinazioni, il che significa che c’è ancora uno shock fisico in arrivo, sebbene meno grave di quanto si temesse inizialmente.

I cereali sono fermi. I metalli sono fermi. Non c’è nessuno disponibile nei porti per farli partire e non si può ottenere l’assicurazione per far navigare le navi nella regione. Lo stop sui cereali rappresenta circa il 25% delle esportazioni. Quello dei cereali è probabilmente il mercato più stressato in questo momento, sia per il rischio di flessione della produzione complessiva che per il calo delle vendite.

Che tipo di stagione di semina avremo in Ucraina quest’anno? Questa è la domanda chiave alla quale è difficile dare una risposta. E per quanto riguarda i metalli preziosi, in questo momento l’oro in particolare vive una tempesta perfetta. È l’unica commodity con il maggior rialzo e con la storia più forte e meno incerta.

Ma ciò a cui abbiamo assistito fino ad oggi, cosa comporta per le prospettive di lungo termine del mercato globale delle materie prime?

Quello che abbiamo visto nelle ultime settimane è un ritorno all’economia politica della guerra fredda, con una ridefinizione degli asset finanziari tra la Russia e l’Occidente, culminata con la chiusura delle attività di molte multinazionali in Russia.

Ciò che sta accadendo in Occidente in questo momento è che l’UE sta rivedendo le regole del mercato dell’energia iniziando a discutere anche di massimali dei prezzi e sussidi ai consumatori per l’aumento dei costi energetici.

Infine, quando si pensa alle conseguenze di queste politiche, ci sono diverse cose da tenere presenti. In primo luogo, le materie prime non sono omogenee. Non sono completamente fungibili. Pensiamo che ci sia l’errata convinzione di poter distribuire facilmente commodities in tutto il mondo. Ma si stanno allungando le catene di approvvigionamento in un ambiente in cui le scorte sono già basse. In secondo luogo, pensiamo che l’altro punto importante di questo scollamento o deglobalizzazione è che stiamo creando un mercato delle materie prime frammentato con rischi crescenti di una distorsione tra i prezzi delle materie prime per gli occidentali e per gli orientali.

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